STORIE DI ORDINARIA F0LLIA DI UN'INSEGNANTE PRECARIA SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI

4.3.08

Politically correct?

Ne parlavo l'altro giorno con alcune collega. 'Sta cosa del politically correct è un'ennesima inculatura, 'na sola insomma.
Prendiamo il mitico Attila. La sua, drammatica situazione, è resa ancora più drammatica dalla non accettazione della madre. Personaggio eccentrico, strambo e, soprattutto, di un'ignoranza spaventosa. La signora per tutta una serie di motivi che vanno dalle difficoltà di una madre nell'accettare un figlio in questa condizione alla evidente incapacità di comprendere, davvero, che cosa abbia Attila, determina problemi non solo per sè, ma anche per il figlio. Se solo Attiluccio nostro vivesse in un contesto meno "barbaro", forse potrebbe fare dei progressi. Invece è lasciato in balìa di sè stesso, da una famiglia che crede di assolvere il proprio compito genitoriale semplicemente acquistandogli l'ultimo cellulare, facendolo andare vestito con maglioncini e jeans firmati etc. Delle esigenze di Attila se ne fregano. Non perchè se ne vogliano deliberatamente fregare, ma per incapacità di comprendere che un figlio (a prescindere anche dall'handicap), non lo si cresce facendogli da bancomat. Un figlio lo si cresce con amore, comprensione, presenza, attenzione, dedizione. Mi rendo conto che quando il figlio ha un problema genetico le cose cambino e non poco. Qui entra in gioco il caso. Per cui uno come Attila, nascendo in un contesto familiare sordo è sfigato due volte. La mamma, ci spiegava il neuropsichiatra dell'ASL che lo segue, deve essere "presa per mano" e guidata nel percorso di presa di coscienza. Ci rendiamo conto che tal cosa sia più facile a dirsi che a farsi. La presa di coscienza passa attraverso un percorso difficile che inizia dalla reale comprensione del problema. E qui veniamo al "politically correct". Per non dire "handicappato" e/o "ritardato" o simili, si "devono" utlizzare altri termini più soft. Mi spiegate come possa un'ignorantaccia come la mamma di Attila (ci assicuro che è una specie di Moira Orfei mista a Platinette con neanche la prima elementare) comprendere totalmente e veramente?
Tralasciando il caso difficile e borderline di Attila, tale ragionamento può essere benissimo trasferito in un altro contesto, quello degli altri alunni. Non voglio cadere nel patetico "noi eravamo meglio", non solo perchè quando dici una frase del genere devi ammettere che stai inesorabilmente invecchiando, ma anche perchè la trovo sbagliata. Che senso ha dire come eravamo noi quando eravamo a scuola? Noi eravamo noi e loro sono loro. Però questa generazione è iperprotetta e cresciuta nella bambagia. Ho avuto a che fare con platee scolastiche disperate, figli di delinquenti etc ed ho aavuto a che fare con i figli della "napoli bene". A conti fatti, sono più paraculi e figli di puttana quelli della Napoli bene che non i delinquenti. Questi ultimi ti scattano una bella radiografia, ti inquadrano e non hanno bisogno di ricorrere a mezzucci "non studio, me ne fotto e le lo dico". Quelli del contesto "chic" non studiano, se ne fottono, ma ai tuoi occhi vogliono apparire povere vittime di una scuola che non li comprende, di docenti simil mostri esageratamente esigenti. Ed i genitori spalleggiano i figli. In un modo allucinante. Ergo questi vengono fuori: smidollati, convinti che c'è (e quel che è peggio che ci sarà sempre) chi li proteggerà, metterà una pezza a colori sui propri errori etc. Ora, se anche a questi genitori ed alunni si potesse dire tutto quello che si pensa, credo sarebbe molto meglio. Se si potesse dire "signora suo figlio è una testa di cazzo che crede di prendere in giro tutti, in primo luogo lei che è inconsapevolmente rivoltata come un pedalino da questo poco di buono) il messaggio, certamente forte, sarebbe recepito. Ed invece no, non si può per cui devi fare tutto un giro di parole per dire non dicendo. E non mi piace.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il tuo intervento è la fotografia della realtà.
Purtroppo il "politically correct" (che personalmente non ho mai nè approvato nè rispettato) ha dato come frutti prorpio quello di cui parli: la giustificazione pressochè totale di qualsiasi atteggiamento/situazione con conseguente accettazione di tutto. Scusami se lo dico, ma lo stile politically correct mescolato al "relativismo culturale" crea una miscela esplosiva completamente incontrollabile, o peggio, un'arma in mano non solo a figli chic di genitori ignoranti ma in mano a chiunque abbia vglia di perndere il resto della società per i fondelli e farlo con tanto di "autorizzazione".

Per quanto mi riguarda continuerò a chiamare ognuno col proprio nome, l'Italiano è una lingua così ricca di termini che descrivono perfettamente ogni sfumatura, non vedo proprio perchè ridurla a poche parole che vorrebbero dire tutto e non dicono niente.

Anonimo ha detto...

è un bellissimo post che condivido in tutto e per tutto. anche io "conosco" un caso simile ad attila di una ragazza che i genitori e sorella (ltrafighetta) considerano "normale"... e ovviamente il peggio è per lei...