STORIE DI ORDINARIA F0LLIA DI UN'INSEGNANTE PRECARIA SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI

15.6.08

ancora una lettera...

Insegnare è una passione infinita di Wanda Mermoross - vandella.marmoross.alice.it http://bru64.altervista.org/forum/viewtopic.php?t=2340
Augias ha pubblicato la mia lettera stamani e non ci speravo. Peccato che, forse per esigenze di stampa non ha pubblicato la seconda parte. Copio e incollo l'intera lettera:
Caro Augias le scrivo fiduciosa che capirà la mia lettera, come più volte ha fatto. Leggo oggi su Repubblica, il mio giornale da sempre, la lettera della signora Valeria Brasola. Sono insegnante da una vita. Non posso più sentire lamentele sulla scuola. Insegno attualmente in una grande scuola superiore senese, organizzatissima e ben diretta. Ho quasi l'età della pensione, ma ci andrò quando proprio non mi vorranno più. La signora Brasola lamentava che la scuola italiana è tra le peggiori al mondo e che i prof hanno troppe vacanze, e ne elencava alcune inesistenti. Sto qui davanti al computer a cercare di sintetizzare il lavoro di un insegnante. So che non ti lascia mai, anche quando sei uscita da scuola dopo le tue 4 o 5 ore giornaliere. Pensi a quel rimprovero, a quel brutto voto, a quello sguardo disperato, a quegli occhi assenti. Ti chiedi il perché di tanti atteggiamenti. E ti siedi al pc cercando una nuova spiegazione, apri libri, ti affidi magari a Power Point. Vivi la tua vita e in parte quella dei tuoi alunni, ogni giorno. E ti metti al lavoro nel pomeriggio: nuovi esercizi, correzioni, tanti pensieri del tipo "Come posso riuscire a spiegare meglio quell'argomento?". Beh, le ore che risultano sulla carta sono quelle che hai fatto la mattina. Quattro o cinque, non di più. In termini economici poca roba. Sono capace di tradurre libri davanti al mio computer per 10/12 ore al giorno, senza il minimo sforzo. Altro è la scuola, ma è il lavoro più bello al mondo. Non riducibile a quelle ore passate in loco la mattina. Glielo giuro. Un'altra cosa vorrei dirle, che forse non sa. Ci sono tanti precari nel mondo della scuola. "Precario" è una brutta parola che ha stancato. Giovani di 45 o più anni, che da 15/20 anni - se va bene- girano come trottole da una scuola all'altra, ogni anno, vicino o lontano da casa. 100, 120 nuovi studenti ogni anno, se va bene, ti impegni al massimo ma poi sai che li lascerai. 1257 euro per 10 mesi ogni anno, da 15, 20 anni. In Luglio e Agosto no. Non hai diritto. In estate devi chiedere l'assegno di disoccupazione. Aumenti? no, neppure dopo 15 anni. Umiliante. Come se il tuo lavoro fosse sempre il primo. Come se tu non avessi collezionato abilitazioni, specializzazioni, master, dopo la laurea. Voglio dire alla signora Brasola, lei pure dipendente statale, di riflettere. E se è genitrice di un qualche pargolo, di collaborare. Perché il più grosso guaio della scuola italiana è, a mio avviso, la quasi totale mancanza di collaborazione tra le famiglie e la scuola. Un saluto, grande Augias. La prego, mi creda.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho lascito un commento su Vocescuola...

Anonimo ha detto...

E poi negli altri paesi non lavorano più di noi.

http://vitadaprof.wordpress.com/2007/11/03/stacanovismo/

Anonimo ha detto...

So che il mio commento potrebbe essere non solo frainteso, ma scatenare molte ire quindi è opportuno premettere che SONO D'ACCORDO con quanto scritto da molti di voi in più parti in questo blog riguardo il precariato e in particolare il precariato nella scuola.
Tuttavia penso che sarebbe opportuno anche guardare un po' al di là del proprio orizzonte più prossimo e prendere atto che sono veramente poche quelle professioni che possono vantare la certezza del posto di lavoro. E spesso, purtroppo, si tratta di una certezza immeritata.
Qui c'è chi scrive di un sogno iniziato sui banchi di scuola: diventare insegnante. Un sogno disilluso: non c'è una scuola fissa, non una cattedra che possa sentire propria, non una certezza che sia tale riguardo l'anno successivo.
Vero. Ma mi guardo intorno e trovo ingegneri, architetti, specialisti in vari campi, professionisti come i cuochi, i parrucchieri, i falegnami, gli idraulici... potrei continuare all'infinito. Chi di loro ha la certezza del proprio lavoro? Pochissimi credo.
Forse il problema sta nel fatto che la scuola, come ogni altra istituzione più o meno statale e più o meno radicata storicamente, fa molta fatica ad accettare che tutto venga regolato da un mercato e che oggi mille motivi impediscono la stabilità e la certezza del posto di lavoro anche per un futuro a breve termine.
Ci sono ancora categorie protette, è vero. Si può scommettere che sarà molto duro farle sparire, ma se spariranno non sarà per mezzo di una legge arbitraria quanto piuttosto di una realtà di mercato che imporrà un adeguamento prima o poi.
E' una realtà bruttissima sia chiaro, non lo sto negando. Ma sarebbe giusto ogni tanto pensare che ci sono categorie di lavoratori precari da sempre e non nella scuola. Precari senza avere lo "statuto di precario", senza avere il miraggio di un concorso e di un'assunzione proprio nell'ente in cui a logica avrebbero dovuto lavorare. E non è colpa di nessuno.
Non penso che passi per la testa a un professionista l'idea che un bel giorno si faccia un concorso e venga assunto a vita in qualche ente con cui collabora da anni. Piuttosto sa che dovrà misurarsi con la concorrenza, spietata e a volte sleale, giorno per giorno.

Anche io sono precario. Non insegno, ma questo non cambia la prospettiva con cui vedo la mia condizione di lavoratore. So di avere delle competenze e una certa preparazione, ma so che potrei essere "tagliato" se chi mi dà lavoro lo riterrà opportuno. Forse con gusto, forse a malincuore, ma la sostanza non cambierebbe.

Immaginate una scuola, anche quella dell'obbligo, che cambi e diventi molto più "tecnologica", un po' come sta succedendo per l'università in cui lavoro. Una scuola in cui un docente può tenere contemporaneamente in più classi la stessa lezione, ad esempio in teledidattica. O dove i compiti in classe vengano svolti e consegnati, e quindi corretti su un'interfaccia web. Per fortuna è uno scenario ancora piuttosto lontano, ma credevo così anch'io 8 anni fa e invece adesso è una realtà che qui tocco con mano. Una realtà che stride con la necessità di conservare il posto di lavoro a un insegnante che non sa accendere il pc e darlo contemporaneamente a uno che gli sia di supporto ma che fondamentalmente è superfluo perchè il sistema ha già un team di tecnici che lo gestisce. Faccio fatica a spiegarmi e a rendere l'idea... ...è solo che a volte ho l'impressione che l'insegnante precario si senta come una "specie particolare" mentre invece è solo un altro rappresentante della normalità (triste) della società in cui viviamo.
E a chi fatica a comprendere le "logiche di mercato" dico che è vero, in parte sono logiche da demonizzare... ...ma in parte sono da accettare e perchè no, anche da apprezzare. Penso a tanti mestieri che nel corso dei secoli sono spariti, così come sono sparite certe condizioni di lavoro, nel bene e nel male. La scuola forse può lottare con le unghie e coi denti e ottenere dei risultati nel breve periodo, poi, come tutto, si deve trasformare e adeguare.

prof ha detto...

Infatti, non mi pare che nessuno abbia detto negli interventi, nè tantomeno nella lettera, che la categoria degli insegnanti è l'unica afflitta dal precariato e una lettera del genere la potrebbe scrivere qualsiasi trentenne, quarantenne e purtroppo cinquantenne di questo paese. Il mio blog è Diario di una prof, per questo sono particolarmente sensibile alle istanze dei colleghi, ma questo senza nessuna presunzione di categoria. Non siamo certo i Calimero piccoli e neri della situazione. Molti altri stanno nelle medesime nostre condizioni. Innegabile (e tristemente inconfutabile)

Anonimo ha detto...

Si certo Manu, non intendevo dire che l'idea che traspare sia quella degli insegnanti-calimero.
Quella lettera purtroppo poteva essere scritta da qualsiasi trentenne, io sottolineavo il fatto che a differenza di un trentenne insegnante, o medico, o notaio ecc ecc quella lettera un trentenne appartenente a un'altra categoria l'avrebbe potuta scrivere 50 anni fa.
Oggi la crisi della certezza dell'impiego ha raggiunto categorie che fino a poco tempo fa ne erano dispensate, non è un bene anzi è un disastro, ma è la conseguenza logica delle leggi di mercato.

prof ha detto...

ops....devi capirmi, sono un'insegnante precaria esaurita e rinco: ammetto di non aver capito una mazza del tuo intervento. Invoco nuovamente la tua comprensione, ma sapessi come arrivo a casa dopo 6 ore 6 ininterrotte di orali